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INTERVISTE

PHILIPPE DAVERIO
AI VENEZIANI MANCA IL CORAGGIO

di Riccardo Petito
in "Il Gazzettino", n. 18, 23 gennaio 2005, p. II.

Il critico d'arte Philippe Daverio, uno dei volti televisivi più noti grazie alla trasmissione "Passepartout" (torna oggi in onda su Raitre alle 13.20) ha dimostrato che cultura e piccolo schermo possono convivere benissimo. Infatti, la sua seguita trasmissione sull'arte accompagna come un rituale il pranzo di molti italiani. Di recente abbiamo incontrato Daverio (una curiosità: è sposato con una discendente di Giampietro Talamini, fondatore del Gazzettino) nelle vesti di moderatore di un ciclo di incontri al Telecom Future Centre a Venezia, e proprio sulla città lagunare gli abbiamo posto alcune domande, cui ha risposto con educata vena provocatoria.

Dottor Daverio, a suo avviso la città può ancora ambire ad essere punto di riferimento per l'arte contemporanea? La sua trasmissione si è occupata anche della Biennale di Venezia.

«Il successo della Biennale è dovuto principalmente alla qualità della città. La prossima Biennale potrebbe, per così dire, avvenire anche senza la Biennale: io avevo ironicamente proposto di allestire nei padiglioni solo stand gastronomici delle singole nazioni, il successo sarebbe eguale. La conduzione di un pensiero intellettuale è evaporata da alcuni anni, e le indicazioni attualmente date sono addirittura imbarazzanti: il padiglione Italia dovrebbe delineare infatti una delle identità della Biennale, la nostra, mentre siamo gli unici a far vedere ciò che pensano gli italiani tramite gli occhi di un americano, il professor Storr! Io mi definisco un filo-italiano, aperto alla realtà del mondo intero: ci si deve confrontare con tutte le culture e razze, senza però mai cedere il controllo».

Robert Storr (che dirigerà la rassegna nel 2007) curerà un simposio internazionale sull'arte contemporanea per la prossima Biennale, affidata alle spagnole Maria de Corral e Rosa Martinez.

«La domanda che mi pongo io è la stessa che si dev'essere posto anche il presidente Croff, dopo aver nominato il professor Storr: diamogli l'assistenza di due vestali filo-americane ispaniche, che saranno le traghettatrici di una operazione tutta americana. Da questo punto di vista Venezia sta scegliendo la strada inarrestabile della provincia. Venezia è per così dire una prostituta particolare, viene affittata all'estero e pagata dagli italiani!»

La diffidenza di Venezia alle novità, forse in parte attenuata dal prossimo ponte sul Canal Grande disegnato dall'architetto spagnolo Santiago Calatrava (peraltro approvato fra non poche polemiche), la ritiene un valore o una limitazione?

«Personalmente ritengo Calatrava davvero molto bravo, ma che la questione estetica sia marginale per il luogo nel quale il ponte si colloca, una zona connotata principalmente dalla gran quantità di vaporetti che vi circolano. Perciò: ben venga il ponte di Calatrava, malvenga la prossima Biennale! Scherzi a parte, l'opposizione al ponte di Calatrava è capziosa, Venezia deve avere più coraggio nell'affrontare il domani, combattere tutto ciò che la rende periferia. Il mio non è un atteggiamento anticontemporaneista, ma di chi crede che non solo Venezia abbia bisogno di fiducia. in sé stessa, ma l'intero Paese, che si sta preparando ad affrontare la più grande competizione degli ultimi secoli, quella della globalizzazione: in gioco vi è la possibilità di rimanere fra i paesi più influenti».

In passato grandi, architetti avevano progettato lavori per Venezia, come Le Corbusier e il suo mancato ospedale.

«Forse è stato un errore non averlo costruito anche se, risalendo ai primi anni Sessanta, non credo fosse uno dei suoi migliori progetti. Fosse stato un capolavoro degli anni Trenta e Quaranta, averlo trascurato sarebbe stato ancora più grave».

C'è il rischio che Venezia diventi la città museo da molti già prefigurata?

Il pericolo è di tutte le città storiche. Il mondo internazionale vorrebbe un'Italia folklorica e alimentare, dominarci imponendoci questa scenografia. Dovremmo avere il coraggio di intervenire. La sfida della Venezia di oggi verso il futuro potrebbe partire dall'enorme area dell'Arsenale, capace ancora di trasmettere l'energia delle migliaia di persone che vi hanno lavorato nei secoli passati.

Riccardo Petito