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Jay McInerney e Riccardo Petito a Milano
INTERVISTE

«MCINERNEY A MILANO»
«Dopo l'11 settembre nulla è come prima»
di Riccardo Petito
in "Il Gazzettino", n. 166, 16 luglio 2006, p. 9.

Il mondo, e in particolare la sua capitale, dopo l'11 setembre: per la presentazione del suo ultimo romanzo, "Good Life", edito in Italia da Bompiani, il noto scrittore statunitense Jay McInerney ("Le mille luci di New York") ha scelto "La Milanesiana", rassegna culturale ideata da Elisabetta Sgarbi e giunta alla 7. edizione. Alla serata di mercoledì, nella quale a McInerney si sono affiancati il regista Wim Wenders, Fernanda Pivano e Lina Sotis, coordinata dallo scrittore Edoardo Nesi e conclusa da un concerto dei portoghesi Madredeus, è seguito giovedì un incontro con la stampa durante il quale McInerney, solitamente schivo e riservato, si è concesso a pubblico e giornalisti.

"Good Life" è un libro che in qualche modo si discosta dai suoi precedenti.

«Lo considero infatti un secondo atto della mia vita di scrittore, ma anche un nuovo modo di interpretare la vita quotidiana degli americani: dopo l'11 settembre nulla può essere come prima. Oggi New York, che racconto nei giorni che precedono e seguono quel tragico evento, è vitale come un tempo, ma si è diffuso tra i suoi abitanti un senso di precarietà e insicurezza prima asente. Quanto ai personaggi, ho scelto di indirizzare la mia ricerca non più alla cosiddetta gioventù ribelle. Corrine e Russell, già protagonisti di "Si spengono le luci", sono adulti che mescolano, oltre a me, figure di amici, conoscenti, fidanzate, la mia ex moglie...»

Nella serata che la Milanesiana le ha dedicato, hanno partecipato anche Fernanda Pivano e il regista Wim Wenders.

«Solo grazie ad un saggio che Fernanda Pivano mi ha dedicato sono stato pubblicato da voi.
Nonostante il mio successo negli Usa faticavo a trovare un autore italiano. Quanto a Wenders, è senza dubbio il mio cineasta preferito, uno dei pochi stranieri che riescano ad interpretare la cultura americana. Sono felice che abbia deciso di trasferirsi da Los Angeles a New York; Truman Capote diceva che ogni anno trascorso a Los Angeles fa perdere a chiunque un po' di intelligenza!»

Lei ha polemizzato recentemente con un intervento di Najpaul, Premio Nobel, che ha definito inutile il genere romanzo nell'epoca del terrorismo.

«Vero, mi sono espresso duramente, pur mantenendo intatta la mia stima di Najpaul come scrittore. Giudico tuttavia la sua posizione ridicola e inaccettabile, da quando frequentavo l'università sento parlare della crisi del romanzo che invece ritengo, più di altre forme, utile nel dare possibili indicazioni».

"Good Life" potrebbe diventare un film con la sua sceneggiatura?

«Credo che una buona sceneggiatura nasca in modo indipendente da un romanzo. Io stesso non mi ritengo soddisfatto della sceneggiatura che ho scritto per il film non memorabile tratto dal mio libro d'esordio, "Le mille luci di New York". L'attegiamento più giusto è quello che teneva Hemingway: cedere i diritti di un proprio libro per la trasposizione, e lasciare tutto nelle mani di altri. Oltretutto un film è come una festa: solo il regista è l'ospite principale, lo sceneggiatore assomiglia a chi si occupa del catering: non ha neppure diritto di incontrare gli ospiti».

Riccardo Petito