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Mostra del Cinema. Un thriller ad alto tasso erotico sovverte i pronostici
"Carte Scoperte", n. 04, ottobre 2007, p. 8.
Due anni dopo, il regista taiwanese Ang Lee fa ancora centro con "Lost, caution": suo è infatti il Leone d'Oro della 64. Mostra internazionale d'arte cinematografica della Biennale di Venezia, già ottenuto nel 2005 con il controverso "Brokeback Mountain". Va subito detto che la decisione della giuria è meno scandalosa di quanto si è detto nei giorni immediatamente successivi: "Lost, caution" è un buon film, un thriller ambientato nella Cina degli anni Quaranta occupata dai giapponesi, forse con qualche lungaggine di troppo e con qualche scena ad alto tasso erotico (ma in fondo si è visto ben di peggio in altre pellicole) che ha fatto scalpore. Migliore, sicuramente, del tanto conclamato "La graine et le mulet" di Abdellatif Kechiche, il cui impegno sociale sa di già visto, e che comunque si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria, ex-aequo con "I'm Not There" di Todd Haynes.
Per la cronaca, Kechiche ha antipaticamente bollato in diretta, nella serata di premiazione, il riconoscimento quale "minore". Giusto invece il "Premio Marcello Mastroianni" per il miglior attore emergente alla brava Hafsia Herzi, cui il film deve onestamente molto. Le decisioni della giuria, presieduta da Zhang Yimou e composta interamente da registi, non sono state certo facili, come ha rivelato Ferzan Ozpetek. A complicare le decisioni, la proiezione negli ultimi giorni della Mostra di "12" di Nikita Mikhalkov, dramma giudiziario e politico, remake de "La parola ai giurati" di Sidney Lumet con la guerra cecena come sfondo, che ha spareggiato giochi quasi fatti, e costretto la giuria ad assegnare a Mikhalkov un Leone speciale per l'insieme dell'opera, a risarcirlo del mancato Leone d'Oro. Leone d'Argento per la regia è stato assegnato a Brian De Palma e al suo "Redacted", ambientato nei giorni della guerra in Iraq, con vera protagonista la tecnologia. Purtroppo nessun riconoscimento per la pellicola che veniva naturale accostare a quella di De Palma, "In the Valley of Elah" di Paul Haggis (la toccante ricerca della verità di un padre di un soldato ucciso dai compagni tornati dal conflitto in Iraq, affiancato da una coscienziosa poliziotta). Per molti versi, più toccante e riuscito, psicologicamente interessante nei risvolti emotivi dei protagonisti.
Ancora, i premi più importanti sono andati a Cate Blanchett, miglior attrice (è uno dei sei "Bob Dylan" di "I'm Not There" di Todd Haynes), e Brad Pitt, miglior attore in "The assassination of Jesse James by the coward Robert Ford" di Andrew Dominik (anche se molti han preferito l'antagonista di Pitt nella pellicola, Casey Affleck), giudizio pertinente, da molti criticati, ma qui Brad Pitt è davvero hollywoodiano nel senso migliore del termine, e il film risulta (nonostante qualche taglio necessario) sensibile e sentito.
Sui riconoscimenti "secondari" nessuna polemica: per la sceneggiatura, è stato premiato "In questo mondo libero..." di Ken Loach, forse meno riuscito di precedenti del regista ma duramente attuale. Stavolta, il mirino di Loach si concentra sul mondo del lavoro precario, fra immigrati irregolari. Per la fotografia, riconoscimento ancora a "Lust, caution".
Il sottoscritto poco può dire dei successivi film, non avendoli visti, ma per completezza di lista vanno egualmente qui citati: la sezione Orizzonti è stata vinta da "Sugisball" dell'estone Veiko Ounpuu, quella Orizzonti doc da "Wuyong" del cinese Jia Zhang-Ke (Leone d'oro l'anno scorso con "Still life"), il Leone del futuro Luigi De Laurentiis per la migliore opera prima da "La zona" di Rodrigo Plà, inserito nel programma delle "Giornate degli autori". Infine, il riconoscimento per il miglior cortometraggio a "Dog Altogether" di Paddy Considine. Bernardo Bertolucci ha ricevuto il Leone d'oro speciale per il settantacinquesimo anniversario della Mostra.
Riccardo Petito |