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Muccino americano, sette anime e quattro padri single

Carte Scoperte, n. 01, febbraio 2009, p. 13.

Pochi giorni dopo la programmazione nei cinema di “Sette anime”, la seconda e attesa pellicola di produzione statunitense per Gabriele Muccino, su rete televisiva Mediaset è stato trasmesso l'episodio pilota di “Four Single Fathers”, diretto da Paolo Monico (secondo le note “famoso regista di spot e videoclip”) prodotto dalla società americana Indiana Production. Società fondata dallo stesso Muccino per proseguire la sua avventura negli Usa, benedetta da Will Smith e iniziata con il davvero interessante “La ricerca della felicità”. Le vicende dei quattro padri single permettono di tracciare una considerazione di non poco conto, sulla carriera di uno dei registi italiani più interessanti oggi. Da porre in una ideale triade accanto a Garrone e Sorrentino, che assurti a fama globale con “Gomorra” e “Il Divo”, hanno però alle spalle lavori di qualità anche superiore (bastino i rispettivi esordi (“L'imbalsamatore” e “L'uomo in più”).
Tornando a Muccino, che dei quattro padri single è anche coautore della sceneggiatura, emerge immediatamente sin dalle prime scene il carattere “esotico” dell'operazione: le figure caratterizzate, quella di Alessandro Gassman in primis, sono di simpatici italiani alla ricerca del sogno americano, di un lavoro e di una famiglia appagante, anche se quest'ultima si dimostra la cosa più difficile da raggiungere. Si perde molto con la traduzione, probabilmente l'inflessione dei singoli li rende simpatici allo spettatore Usa, al quale vengono sciorinati anche stereotipi sull'italiano buontempone e playboy nonché geloso, o sulla problematicità della donna americana (“odiano tutte sé stesse”, viene ripetuto).
Insomma, un prodotto ben confezionato ma con qualche pecca, che fa intuire la scommessa fatta da Muccino, già confermata dalle due pellicole con Will Smith, vero nodo di tutta l'ampia premessa: il regista romano infatti non porta un proprio punto di vista nel cinema statunitense, ma clona (fagocita) con annessi difetti e pregi punti di vista già esistenti, per creare prodotti comunque di livello assai più alto della media. Nei territori d'origine tornerà presto con “Baciami ancora”, sequel del fortunatissimo “L'ultimo bacio”, primo vero successo che, a rivederlo oggi, mantiene intatto il suo messaggio di domestica angoscia esistenziale di un gruppo di amici trentenni. Anzi, senza l'invadenza del marketing che puntava esclusivamente alla storia tra i personaggi interpretati da Martina Stella e Stefano Accorsi, di grande efficacia narrativa risultano proprio le storie parallele.
Infine, un giudizio su “Sette anime”, che accanto a Will Smith vede l'affascinate Rosario Dawson: barocco, corale, con qualche inevitabile forzatura e ingenuità: in fondo quella del protagonista Ben Thomas che decide per espiazione di aiutare (come, lo vedrà lo spettatore) persone meritevoli, è una favola a lieto fine. Si fa per dire ovviamente, perché l'etica del protagonista impone il più grande sacrificio che possa compiere. Non è fuori luogo, anche se può risultare un po' forzato (ma non nello spirito della pellicola), parlare di “resurrezione”: la scena finale d'amore infatti, tra due beneficiati dal suo gesto, pare confermare il messaggio di chiusura: chi ben opera, potrà sopravvivere anche alla morte.

Riccardo Petito