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CINEMA

"Questioni di cuore" fra dramma e comicità

Carte Scoperte, n. 03, maggio 2009, p. 18.

Francesca Archibugi, a proposito della sua ultima pellicola “Questione di cuore”, aveva dichiarato di voler parlare dell'Italia di oggi. Verrebbe però da aggiungere, di fronte allo sconcertante scenario che si palesa da tempo allo scorrere le prime pagine dei quotidiani, che è preferibile trattare del presente a partire dalla sfera privata dell'individuo. Nello specifico, di due individui, legati dallo stesso problema, o patologia: quella cardiaca, che fa avvicinare Alberto, interpretato da uno straordinario Antonio Albanese, ad Angelo, che ha il volto di Kim Rossi Stuart in versione “borgatara”. Versione all'inizio un po' accentuata, poi davvero sentita e magistrale, durante il decorso della malattia. L'incontro è fra uno sceneggiatore in crisi e un carrozziere d'auto d'epoca. Il tutto tratto dal romanzo omonimo di Umberto Contarello, mentre la sceneggiatura pertiene alla stessa Archibugi.
In una sala di rianimazione inizia il sodalizio che durerà, vien da dire, per sempre. Angelo infatti, il più malandato, vede nell'amico il tramite per “sopravvivere” e badare ai suoi cari. Se un difetto lo si può trovare, nella sceneggiatura, è proprio il “subito detto”, il non lasciare spazio a sorprese: si intuisce presto il proposito di Angelo, al quale Alberto non si sottrae. Un Albanese drammatico in grande forma, una delle sue migliori interpretazioni: una maschera d'attore di grande spessore, capace di passare senza indugio dal registro comico a quello strappalacrime. Termine usato non a caso, e forse secondo punto discutibile: la Archibugi, infatti, protrae alcune scene fino al limite della lacrima nello spettatore, giocando sull'elemento commozione a discapito di possibili sfumature emotive. Merita stima l'interpretazione di Micaela Ramazzotti, la moglie di Rossi Stuart (nella vita, del regista Paolo Virzì), credibile nella versione popolare, e complessa nella vicenda drammatica che si trova a vivere. Alberto suscita una istintiva simpatia, un po' guascone, in crisi con la fidanzata, dalla vita condotta in modo non proprio sano, curioso e incapace - proprio per eccesso di curiosità - di non farsi trascinare dagli eventi. Il mondo esterno entra nella vicenda per fotogrammi: l'evasione fiscale della carrozzeria di Angelo e della moglie, il pestaggio nel quartiere di un ragazzo di colore, o la realtà (sovente irrealtà) delle corsie ospedaliere... Nota inevitabile, le numerose “comparse” presenti nel film: Paolo Villaggio, mai sopra le righe, e Carlo Verdone, che fa il verso alla sua ben nota ipocondria e competenza farmaceutica; anche i registi Paolo Sorrentino e Paolo Virzì si fanno riprendere nella scena della visita al reparto.

Riccardo Petito