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E' strana Venezia e sono strani i veneziani? All'Ateneo Veneto affolata presentazione di un libro corale sulla città
di Maristella Tagliaferro
in "Leggo" (Città & Mobilità), 6 ottobre 2010, p. 16.

VENEZIA - Prima notizia: a differenza di quanto credono i 'foresti', non c'è solo Venezia, ovviamente "da salvare". Esistono anche i veneziani. L'ennesima prova della loro esistenza si è avuta nel piovoso pomeriggio di lunedì, quando hanno gremito l'Ateneo Veneto, "sempre più luogo deputato alla discussione sulla città", come rileva il presidente Michele Gottardi. Veneziani - non turisti - presenti in gran numero per assistere alla presentazione di un libro corale, Venezia, strana città, che si dipana intomo a un fìl rouge: le immagini di Fabrizio Olivetti, ideatore del volume. A quelle inedite, fra cui una cartina di Venezia che sfida il lettore a riconoscere i simboli dei luoghi più significativi, si affiancano quelle già usate come comunicazione visiva per pubblicizzare eventi, avvenimenti e manifestazioni della città. Le accompagnano i testi di un filosofo, di scrittori, giornalisti, professori, professionisti, e infine di un tipografo, coordinati dal giornalista Riccardo Petito. A ciascuno di loro è stato chiesto di scrivere un testo sulla base del titolo, senza sapere cosa avrebbero scritto gli altri.
Il filosofo, e non poteva essere che il professor Massimo Cacciari, ci ricorda che sei secoli fa il Petrarca definì Venezia a Alter mundus. Una diversità che evidentemente ha radici ben più profonde dell'assenza di auto e motorini, mi viene da osservare. Probabilmente, quindi, come scrive Cacciati "la alterità di Venezia è il suo essere - come la bellezza - un enigma. E allora nessuno può spiegarla. Ma tutti possono esplorarla e tentare di penetrare il suo mistero".
Una tentazione a cui nessuno sa resistere, se si considera il numero di turisti che la invadono ogni anno e le riproposte di "Venice" che si incontrano in tutto il mondo. Il giornalista e scrittore Guido Moltedo, che per anni è stato veneziano, ipotizza una soluzione provocatoria per il prossimo futuro: creare in Cina quattro o cinque "Venice", altrimenti chi ci salverà da quel turismo di massa? Ma soprattutto Moltedo sottolinea che fuori Venezia nessuno immagina che la città sia abitata da persone che vivono qui facendo le stesse cose che si fanno altrove. I veneziani, appunto.
Che sono, come si sa, tipi particolari. Il perché ce lo spiega la filologa e specialista di cultura locale Tiziana Agostini, fornendoci cosi la seconda notizia. In un mondo dominato dall'homo oeconomicus, scrive l'assessora, esiste una variante, homo venetianus "che resiste a qualsiasi pericolosa ibridazione e si presenta alla comunità scientifica e alla osservazione corrente con caratteri propri. Tale gruppo non solo sembra impermeabile alle modificazioni, ma tende piuttosto a influenzare quanti invece per singolare ventura entrano nei ritmi ordinari del suo modus vivendi, avendone ottenuto l'amicizia e la fiducia". Scartate le cause ambientali - nel mondo esistono molte lagune abitate - e quelle genetiche, che nessuna ricerca è riuscita a dimostrare, le ragioni di tale specificità sarebbero imputabili, secondo l'autrice, al marcianus lagunaris, di cui trova traccia già negli scritti di Cassidoro che risalgono alle invasioni barbariche. Secondo Agostini è "un virus endemico da millenni, contagioso solo nel caso di lunga se non definitiva dimora e trasmissibile a soggetti sani solo dopo assidua frequentazione degli individui colpiti". Un virus che colpirebbe anche i gatti, che a Venezia se la godono un mondo, stando al testo di Davide Lorenzon.
Ma ecco la terza notizia. "Venezia? Non esiste!... Pietra sull'acqua, per carità, idea folle", scrive l'implacabile romanziere Fabrizio Moro, sottolineando come questa città d'acqua sia nata dall'incendio della splendida Altino.
Melma e pietre, acqua e fuoco: roba da far girar la testa. Sarà forse questo il motivo per cui le immagini di Olivetti spesso ce la propongono come "una città inclinata, dove ogni cosa si mantiene in equilibrio appoggiandosi ad un'altra. Per questo - scrive Petito, che ci fornisce così la quarta e ottimistica notizia - non cadrà mai. Pensiamo alle case e ai palazzi, che reciprocamente si sorreggono, bilanciandosi, slittando e, perché no, flirtando e intrecciandosi come amanti".
Amanti, amici, relazioni, incontri. Venezia in fondo è luogo dove le relazioni vengono vissute. E' con un pensiero di questo tipo che si conclude il testo finale, affidato al giornalista e scrittore Leopoldo Pietragnoli che ci racconta di aver trascorso una settimana girando per Milano il più possibile a piedi e di aver visto un'unica scena di incontro-relazione: "alla vigilia della partenza, in Piazza Duomo, accanto a me due che si incrociavano si sono salutati: con un forte senso di stupore - e anche un po' di turbamento - ho fatto caso che era la prima volta in sette giorni che sentivo due salutarsi per strada... E strani saremmo noi e strana Venezia?”